LA LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA

secondo la legge fallimentare

La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale, alternativa al fallimento, che si applica a particolari categorie di imprese individuate dalla legge: senza pretesa di completezza, tra di esse si annoverano le imprese di assicurazione, le banche, le società cooperative, le agenzie territoriali per la casa (ex istituti case popolari), i consorzi obbligatori, le società fiduciarie e di revisione, le sim, le sicav e le sgr, ed altre ancora.

Nonostante la lca si trovi in numerose leggi speciali emanate prima e dopo l’attuale legge fallimentare, la disciplina portata dal r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (di seguito, “l. fall.”), negli artt. da  194 a 215 è l’unica trattazione organica e completa della procedura.

La procedura ha natura essenzialmente amministrativa, connotata, tuttavia, dall’innesto di alcune fasi giurisdizionali.

I momenti in cui si intersecano il procedimento amministrativo e le fasi giurisdizionali sono numerosi. I più rilevanti sono – come si vedrà infra – quello dell’accertamento dei presupposti per l’apertura della procedura di liquidazione[1], quello di formazione dello stato passivo e del suo deposito presso la cancelleria competente, che attribuisce natura giurisdizionale al provvedimento del commissario liquidatore[2] e quello della chiusura della liquidazione, caratterizzato dal deposito del bilancio finale della liquidazione, del conto della gestione e del piano di riparto tra i creditori.

Presupposto della procedura è lo stato d’insolvenza[3], ma non solo: la lca può essere dichiarata per irregolarità nella gestione, per violazione di legge o per la soppressione dell’impresa per interesse pubblico.

Nell’esaminare le caratteristiche della procedura è importante precisare che lo scopo precipuo della lca è la liquidazione dell’impresa e, solo indirettamente, la tutela dei diritti dei creditori.

L’apertura della procedura e la dichiarazione di insolvenza

La lca si apre con l’adozione di un provvedimento che ordina la liquidazione dell’impresa: di regola, un decreto emesso dal Ministro o dall’autorità pubblica che vigila sull’impresa (art. 195, l. fall.)[4]; il provvedimento è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed iscritto nel registro delle imprese.

Il decreto di apertura è preceduto (o seguito) dalla sentenza del tribunale ordinario[5] che accerta lo stato d’insolvenza; la legittimazione a chiedere la dichiarazione dello stato d’insolvenza spetta ai creditori o all’autorità di vigilanza[6]. Contro la sentenza è ammesso reclamo da parte di qualunque interessato alla corte d’appello.

La struttura del procedimento è modellata su quella dell’analogo giudizio che precede la dichiarazione di fallimento.

Se la dichiarazione d’insolvenza è precedente al decreto di apertura della procedura, la sentenza è comunicata all’autorità amministrativa affinché disponga la liquidazione[7].

Gli organi della procedura

Sono tre: l’autorità di vigilanza, il comitato di sorveglianza e il commissario liquidatore.

  1. A) L’autorità di vigilanza gestisce e vigila sulla procedura (art. 201, l. fall.); nomina, revoca, surroga il commissario liquidatore, nomina il comitato di sorveglianza, sovraintende ed autorizza la liquidazione e ripartizione dell’attivo, autorizza le azioni di responsabilità contro gli amministratori della società, autorizza la presentazione del concordato da parte del debitore e, in caso di risoluzione o di annullamento, adotta i provvedimenti del caso.
  2. B) Il comitato di sorveglianza è composto da tre a cinque membri, scelti possibilmente tra i creditori e tra gli esperti del ramo dell’attività svolta dall’impresa (art. 198, l. fall.[8]).

Il comitato è diverso dal comitato dei creditori, che si trova tra gli organi del fallimento: persegue unicamente l’interesse pubblico e, solo indirettamente, quello privato della tutela del ceto creditorio.

Il rinvio fatto dall’art. 201, l. fall. alla disciplina sugli effetti del fallimento fa ritenere alla dottrina che il comitato debba autorizzare il commissario al subentro nei contratti pendenti.

Quanto all’attività consultiva delegata al comitato, essa si esprime in pareri, che, anche se obbligatori, non sono vincolanti.

  1. C) Il commissario liquidatore è nominato dal decreto dell’autorità amministrativa che apre la lca (art. 198 l. fall.): l’organo è monocratico o collegiale: sul punto, decide l’autorità di vigilanza.

Il commissario è un pubblico ufficiale (art. 199 l. fall.).

Il commissario agisce compiendo atti amministrativi e negoziali: a seconda della natura, i loro vizi (ndr. violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere) sono impugnabili avanti il giudice amministrativo o ordinario.

Al commissario si applicano gli artt. 32, 37 e 38, comma 1; l. fall. (art. 199, cit. ult. comma): con riferimento alle Vostre domande, assumono particolare interesse gli ultimi due articoli, che attengono alle regole previste per la revoca e la responsabilità del curatore:

  • l’art. 37 stabilisce che il tribunale può revocare il commissario su proposta del giudice delegato o del comitato di sorveglianza[9];
  • l’art. 38 stabilisce che il commissario adempie ai doveri del suo ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.

Compito essenziale del commissario è di amministrare il patrimonio dell’impresa e di procedere alla liquidazione dell’attivo, secondo le direttive date dall’autorità amministrativa e sotto il controllo del comitato di sorveglianza (artt. 204 – 210 l. fall.).

In generale, nonostante sia aperta la discussione in dottrina, l’opinione prevalente ritiene che l’attività del commissario abbia natura amministrativa.

Il commissario esercita le funzioni personalmente, salva la possibilità di deleghe specifiche, previa autorizzazione dell’autorità amministrativa.

Relazione semestrale del commissario liquidatore (art. 205, l. fall.)

Il commissario non deve presentare il bilancio annuale, ma, alla fine di ogni semestre, deve presentare all’autorità amministrativa che vigila sulla lca, una relazione sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione.

La relazione è accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza, che può formulare osservazioni scritte.

Copia della relazione, unitamente alle osservazioni, è trasmessa per via telematica al registro delle imprese e, a mezzo pec, ai creditori che risultano dalle scritture contabili ed a quelli ammessi allo stato passivo.

I creditori e l’accertamento del passivo (art. 207 – 208, l. fall.)

I creditori sono informati dell’apertura della lca con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e,   personalmente, con la comunicazione pec del commissario (in via residuale, con raccomandata a.r./fax), che dev’essere inviata entro un mese dalla nomina (art. 207, l. fall.).

La comunicazione del commissario indica a ciascun creditore le somme risultanti a credito secondo le scritture contabili e i documenti dell’impresa: ha contenuto ricognitivo e non vale come riconoscimento di debito, tanto che la comunicazione s’intende fatta con riserva delle eventuali contestazioni.

Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione i creditori devono:

  • comunicare al commissario la propria pec, per evitare che le comunicazioni avvengano mediante deposito in cancelleria;
  • far pervenire al commissario osservazioni o istanze

I creditori che non abbiano ricevuto la comunicazione del commissario possono chiedere il riconoscimento dei propri crediti entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (art. 208, l. fall.).

È importante precisare che tutti i termini sono considerati ordinatori[10].

Qualora i creditori non abbiano agito tempestivamente con le domande di riconoscimento dei crediti o di restituzione dei beni, possono ricorrere in via tardiva ai sensi dell’art. 101, l. fall.

Formazione dello stato passivo (art. 209, l. fall.)

Secondo l’art. 209, l. fall., entro novanta giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, salvo termini diversi previsti da leggi speciali, il commissario liquidatore forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande di rivendica/restituzione di beni.

L’elenco è depositato nella cancelleria del luogo ove l’impresa ha la sede principale; con il deposito l’elenco assume natura giurisdizionale, diventa esecutivo e non può più essere modificato dal commissario.

Il commissario trasmette l’elenco ai creditori la cui pretesa non sia stata accolta, in tutto o in parte; non è tuttavia previsto che avvisi i creditori la cui pretesa sia stata accolta.

Qualora i creditori non abbiano agito tempestivamente con le domande di riconoscimento dei crediti o di restituzione/rivendica dei beni, possono proporle in via tardiva ai sensi degli artt. 101 e 103, l. fall., richiamati dall’art. 209 cit., entro dodici mesi dal deposito dell’elenco.

Impugnazioni

L’elenco dei crediti depositato può essere impugnato dal creditore dissenziente, ai sensi del secondo comma dell’art. 209 cit., che richiama gli artt. 98 e 99, l. fall. e cioè con l’opposizione, l’impugnazione dei crediti ammessi e la revocazione, da proporre al giudice ordinario.

La liquidazione dell’attivo (art. 210, l. fall.)

Il commissario gode di ampia autonomia e discrezionalità nella liquidazione dell’attivo.

Mancando richiami alla legge fallimentare ed al codice di procedura civile, il commissario non è tenuto a predisporre un programma di liquidazione, né a seguire le modalità delle vendite giudiziarie previste dal codice di procedura o disciplinate dalla pubblica amministrazione: ciò, non significa che la sua attività – necessariamente discrezionale – sia arbitraria, dovendo essere valutata con il parametro della diligenza previsto dall’art. 38, l. fall.

Sulle vendite di immobili o di beni mobili in blocco il commissario non è libero, dovendo essere autorizzato dall’autorità amministrativa di vigilanza, previo parere del comitato di sorveglianza.

Il provvedimento di autorizzazione fisserà le regole della vendita: come atto amministrativo, è sindacabile per vizi di legittimità avanti il giudice amministrativo.

Parimenti in caso di vendita, il provvedimento del commissario che la dispone è impugnabile avanti il giudice amministrativo, mentre il negozio di vendita vero e proprio avanti il giudice ordinario.

Comunque tutti gli atti del commissario, adottati durante la fase della liquidazione, per la cura e la gestione della procedura, sono impugnabili avanti il giudice amministrativo[11].

Il riparto e la chiusura della liquidazione (artt. 212 – 213, l. fall.)

Il commissario procede al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione.

Alla distribuzione si applica la disciplina dettata dal fallimento.

In particolare, si applicano gli artt. da 111 a 112, l. fall. in tema di distribuzione e 113 e 113-bis, l. fall. in tema di riparti parziali.

In questa fase, la peculiarità più rilevante è la previsione della distribuzione di acconti parziali.

C’è controversia in dottrina sulla natura degli acconti, se siano diversi dai riparti parziali oppure no: pare comunque che gli acconti siano delle erogazioni provvisorie di somme di denaro che il commissario anticipa ai creditori valutando come probabile che gli acconti rientrino nei futuri riparti.

Conclusa la liquidazione e prima dell’ultimo riparto ai creditori, il commissario presenta all’autorità amministrativa di vigilanza il bilancio finale della liquidazione con il conto della gestione, il piano di riparto e la relazione del comitato di sorveglianza.

L’autorità autorizza il deposito degli atti presso la cancelleria del tribunale; il deposito è comunicato ai creditori ammessi al passivo via pec (nonché pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale): contro gli atti depositati i creditori possono proporre ricorso al Tribunale ordinario entro venti giorni dalla comunicazione: il tribunale decide con decreto in camera di consiglio (art. 213, comma 3, cit.).

In assenza di contestazioni, bilancio, conto di gestione e piano di riparto s’intendono approvati ed il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i creditori.

Milano, 28 maggio 2020

Avv. Antonio Donvito

 

[1] L’apertura della procedura è caratterizzata dall’adozione di due distinti provvedimenti, il primo adottato ai sensi dell’art. 197, l. fall. dall’autorità amministrativa competente, con il quale si ordina la liquidazione e il secondo adottato ai sensi degli artt. 195 e 202, l. fall. dal giudice ordinario, che accerta lo stato d’insolvenza.

[2] Cass. civ., 15 settembre 2004, n. 18759.

[3] Lo stato d’insolvenza si identifica con quello previsto dall’art. 5, l. fall.

[4] Il decreto di apertura della lca è un atto amministrativo impugnabile avanti il giudice amministrativo per vizi di legittimità.

[5] Competente per territorio in ragione della sede legale dell’impresa.

[6] È discussa in giurisprudenza la legittimità del debitore di domandare “in proprio” la dichiarazione del proprio stato d’insolvenza.

[7] Qualora l’autorità amministrativa non provvedesse a dichiarare l’apertura della procedura, è ammesso il ricorso al giudice amministrativo.

[8] Nelle cooperative la nomina del comitato è facoltativa.

[9] Considerato che le scelte afferenti la nomina o la revoca del commissario liquidatore sono basate su considerazioni di natura meramente discrezionale, il regime applicabile all’impugnativa degli stessi è quello del ricorso al giudice amministrativo. D’altronde il provvedimento di revoca del commissario, in quanto connotato dalla discrezionalità, ha natura amministrativa, dinanzi al quale il commissario non oppone un diritto soggettivo, ma un interesse legittimo (v. Cass. civ., Sez. Un., 27 ottobre 2011, n. 22378).

[10] Sono ordinatori i termini assegnati al commissario per le comunicazioni ed ai creditori per le istanze e le domande.

[11] Cass. Sez. Un. civ. 9 marzo 1993, n. 2801.

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