IRAN, l’esportazione dei beni Dual Use dai Paesi dell’UE
Nella normativa dell’Unione Europea vengono definiti “prodotti a duplice uso” (dual use goods) i prodotti, inclusi il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare; essi comprendono tutti i beni che possono avere sia un utilizzo non esplosivo sia un qualche impiego nella fabbricazione di armi nucleari o di altri congegni esplosivi nucleari (art. 2.1 Reg. CE n. 428/2009).
Il Regolamento CE 428/2009, come modificato dal Regolamento UE 1232/2011, subordina l’esportazione e la vendita di prodotti dual use al rilascio di specifiche autorizzazioni, tra cui spiccano due tipologie in particolare:
– autorizzazione generale dell’Unione Europea (AGEU), che si divide a sua volta in sei sottotipi differenti, a seconda dei paesi di destinazione e/o del tipo di merci;
– autorizzazione generale nazionale (AGN), si tratta dell’autorizzazione più diffusa, rilasciata dagli organi competenti del paese in cui ha sede l’operatore economico deciso ad esportare un prodotto dual use. Essa è necessaria ogniqualvolta non sia espressamente richiesta una AGEU.
L’esportazione di beni e servizi in Iran, che non è contemplata nelle sei tipologie di autorizzazioni generali dell’UE, e ricade quindi nell’ambito delle autorizzazioni nazionali, è stata fatta successivamente oggetto di una normativa più specialistica, a partire dal Reg. UE 267/2012, che si affiancò all’originario Reg. CE 428/2009. Il nuovo regolamento aggiornava le vecchie liste di beni e servizi dual use limitatamente all’esportazione in Iran, arrivando in certi casi a classificarne come categoricamente vietata l’esportazione. Le norme più stringenti erano dovute all’inasprimento delle sanzioni internazionali e dell’embargo nei confronti dell’Iran a causa delle vicende politiche verificatesi durante la presidenza Ahmadinejad.
Con l’inizio della presidenza Rouhani, nell’estate 2013, l’Iran ha cominciato a manifestare un atteggiamento di distensione verso il mondo occidentale, promettendo parimenti l’avvio di un vasto programma di riforme interne, in campo sociale ed economico. Il nuovo stato di fatto iraniano ha quindi portato ad un processo di revisione dell’intero apparato delle sanzioni e dell’embargo, sfociando infine nella sottoscrizione dell’Accordo di Vienna il 14 luglio 2015. In base ad esso, le esportazioni, gli appalti e gli investimenti degli stati firmatari dell’Accordo – i cosiddetti 5+1 (USA, FRANCIA, GB, RUSSIA, CINA e GERMANIA) e l’UE – nella Repubblica Islamica dell’Iran vengono regolati dal cosiddetto Piano di Azione Congiunto Globale (PACG). Questo piano è stato definito come un “canale di appalti” volto principalmente ad impedire che l’Iran acquisisca materiale fissile sufficiente a fabbricare ordigni nucleari, e assicuri contemporaneamente uno sviluppo pacifico ai soli fini civili dell’industria nucleare persiana.
Tuttavia il PACG si rivolge in via esclusiva solo agli stati nazionali che hanno sottoscritto l’accordo sul nucleare, i quali sono gli unici soggetti che esso vincola al rispetto delle sue restrizioni relative al commercio internazionale con la Repubblica Islamica. Sarà poi compito di ciascuno stato porre in vigore queste restrizioni al suo interno, nei confronti dei singoli operatori economici nazionali, potenziali esportatori sul mercato iraniano. Nel caso dell’UE ciò si è tradotto nell’aggiornamento del regolamento ad hoc 267/2012, il quale è stato integrato ed emendato dalla Decisione PESC 2015/1863, nonché dal Regolamento UE 1861/2015 e dal Regolamento di esecuzione 1862/2015, entrati in vigore dal 16 gennaio 2016, data del cosiddetto Implementation Day, il giorno cioè in cui l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha constato il rispetto da parte dell’Iran dell’Accordo siglato a Vienna (c.d. Accordo di Vienna).
Il Reg. 267/2012, così modificato, pur continuando ad affiancarsi al più generico Reg. CE 428/2009 in ambito di prodotti dual use, ha alleggerito significativamente lo spettro dei prodotti di cui era vietata l’esportazione e la commercializzazione in Iran, “sbloccando” molte categorie di beni e servizi fino ad allora vietati o vincolati da un’autorizzazione preventiva.
L’attuale regime che disciplina le esportazioni dai paesi UE all’Iran è quindi così strutturato.
Sulla base dei Reg. CE 428/2009 & UE 267/2012, quest’ultimo come successivamente modificato dall’applicazione dell’Accordo di Vienna, restano in vigore le seguenti restrizioni:
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Divieto assoluto (di esportazione, di fornitura, di acquisto)
– di esportazione verso l’Iran di beni, software e tecnologie riportati nell’elenco del regime di non proliferazione missilistico, e di qualsiasi altro prodotto che possa contribuire allo sviluppo di sistemi di lancio per armi nucleari (art. 4 bis – allegato III Reg. 267/2012);
– di fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica o servizi di intermediazione connessi ai beni e alle tecnologie riportati nell’elenco del regime di non proliferazione missilistico, e di qualsiasi altro prodotto che possa contribuire allo sviluppo di sistemi di lancio per armi nucleari (art. 4 ter – allegato III);
– di acquistare, importare o trasportare, direttamente o indirettamente, dall’Iran i beni e le tecnologie elencati nell’allegato III, originari o meno dell’Iran (art. 4 quater, Reg. cit.);
– di fornire assistenza tecnica per attrezzature militari (art. 5, Reg. cit.).
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Obbligo di autorizzazione preventiva per i beni c.d. DUAL USE (per l’esportazione)
– rilasciata dal Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), previa approvazione caso per caso dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per l’esportazione verso l’Iran di beni, tecnologie e software riportati negli elenchi del Gruppo dei Fornitori Nucleari (Nuclear Suppliers Group) – (art. 2 bis, Reg. cit.);
– rilasciata dal MiSE, per esportazione verso l’Iran di beni e tecnologie che potrebbero contribuire ad attività connesse con il ritrattamento o l’arricchimento o l’acqua pesante od altre attività non conformi al PACG (art. 3 bis – allegato II, Reg. cit.);
– rilasciata dal MiSE, per l’esportazione verso l’Iran di software per la pianificazione delle risorse aziendali sviluppati specificatamente per l’utilizzazione nelle industrie nucleari e militari (art. 10 quinquies – allegato VII A, Reg. cit.);
– rilasciata dal MiSE, per l’esportazione verso l’Iran di grafite e di taluni metalli grezzi o semilavorati (art. 15 bis – allegato VII B, Reg. cit.);
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Obbligo di autorizzazione preventiva per i beni e i servizi DUAL USE non menzionati dal reg. UE 267/2012 (per l’esportazione)
– obbligo di autorizzazione preventiva, rilasciata dal MiSE, secondo l’ordinaria procedura di autorizzazione all’esportazione dei beni a duplice uso (dual use) prevista dal Reg. CE 428/2009.
IV. Clausola di Catch-all
Il PACG non si limita a stabilire una gerarchia fra i beni di cui è vietata l’esportazione e quelli per i quali viene richiesta un’autorizzazione preventiva. Applica anche la cosiddetta clausola di catch-all, già prevista in precedenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questa clausola intende sanzionare, con un divieto o un’autorizzazione preventiva, a seconda dei casi, tutti quei beni e servizi che per le loro particolari caratteristiche si prestano ai medesimi utilizzi di quelli già classificati come vietati o dual use.
Conseguentemente alla sua previsione nel PACG, la clausola viene recepita anche negli ordinamenti secondari di attuazione, quale è il Reg. CE 267/2012. In esso questa clausola non si trova tuttavia in forma espressa, ma ricorre piuttosto varie volte a conclusione di un elenco di prodotti vietati e dual use, come ad esempio al punto 4 dell’art. 3 bis:
le autorità competenti non concedono autorizzazioni per le transazioni di cui al paragrafo 1, lettere da a) a e), qualora abbiano fondati motivi per stabilire che le azioni in questione contribuirebbero ad attività connesse con il ritrattamento o l’arricchimento o l’acqua pesante o ad altre attività nucleari non conformi al PACG.
E più in generale quando certi prodotti (artt. 10 quinquies e 15 bis, Reg. cit.) potrebbero essere finalizzati ad un utilizzo connesso a:
- attività connesse con il ritrattamento o l’arricchimento o l’acqua pesante o altre attività nucleari non conformi al PACG;
- il programma militare o balistico iraniano; o
- un vantaggio diretto o indiretto per il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione islamica.
Quali sono, allora, i passi da seguire per un eventuale operatore economico italiano che volesse esportare il proprio prodotto in Iran?
Per prima cosa accertarsi che il suo prodotto non sia compreso nelle liste dei beni dual use dei Regg. 428/2009 e 267/2012. L’autore di questo controllo è solitamente l’ufficio tecnico dell’impresa che, sulla base delle caratteristiche tecniche o della natura del servizio ne verifica o meno la corrispondenza con i suddetti beni a doppio uso.
Se da tale verifica dovesse risultare tale corrispondenza, e l’impresa non volesse rinunciare all’operazione, dovrà procedere alla richiesta di autorizzazione generale nazionale presso il Ministero dello Sviluppo Economico – direzione generale per la politica commerciale, da cui è possibile ricavare anche ulteriori informazioni sulla legislazione ad hoc e la modulistica per la richiesta di autorizzazioni. Si noti il risvolto sanzionatorio, l’esportazione di beni dual use senza la predetta autorizzazione, ovvero con autorizzazione fornendo dichiarazioni o documentazione falsa è punita:
- con la reclusione da due a sei anni;
- con una multa fino ad € 250.000,00 (art. 16, co. 1, D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 96).
E’ consigliabile eseguire l’analisi e il raffronto tecnico prima dell’eventuale conclusione del contratto di vendita con il cliente iraniano, perché la procedura di autorizzazione ministeriale potrebbe far ritardare di alcuni mesi la spedizione della merce, rischiando una possibile inadempienza contrattuale o, peggio, un superamento dell’ultima data utile per effettuare la spedizione (last date of shipment). Ai fini del rilascio dell’autorizzazione è inoltre consigliabile un’adeguata conoscenza dell’utilizzatore finale del prodotto in Iran e dell’uso che esso voglia veramente farne.
Onde evitare l’invio di una considerevole mole di richieste al Ministero per l’autorizzazione, le imprese sono invitate ad eseguire una semplice verifica preliminare nella sezione “Taric” del sito dell’Agenzia delle Dogane, che può dare delle prime utili informazioni in merito alla possibile presenza del prodotto negli elenchi dual use.
L’ultimo punto da prendere in considerazione riguarda le procedure doganali. Se è stata rilasciata un’autorizzazione per un prodotto dual use, al momento della compilazione della dichiarazione doganale, detta Documento Amministrativo Unico (DAU), l’esportatore dovrà indicare nella casella 44 gli estremi del documento di autorizzazione. Se invece il prodotto dovesse risultare di libera esportazione, cioè non compreso nelle liste dual use né intercettato dalla clausola di catch-all, l’esportatore dovrà riportare il codice di esonero Y901 nella suddetta casella, oltre a presentare una dichiarazione di esonero sottoscritta.
Milano, 15 giugno 2017
Dott. Filippo Donvito