Il prestito vitalizio ipotecario
avv. Antonio Donvito
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Premessa
Fortemente voluta dall’ABI e dalle associazioni dei consumatori, il 6 maggio 2015 entrerà in vigore la nuova disciplina del prestito vitalizio ipotecario prevista dalla legge 2 aprile 2015, n. 44, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 92 del 21 aprile 2015.
La tecnica legislativa adottata è quella della sostituzione integrale del comma 12 dell’art. 11-quaterdecies, d.l. 30 settembre 2005 (conv. in l. 2 dicembre 2005, n. 248), che ha rappresentato la prima disciplina del prestito vitalizio in Italia, con sei nuovi commi, dal comma 12, interamente riscritto, al comma 12-sexies.
Trattandosi della tipizzazione di un particolare contratto di credito destinato agli ultrasessantenni, in luogo della novella del comma 12 dell’art. 11-quaterdecies, che risale alla legge finanziaria del 2006, sarebbe stato preferibile per ragioni sistematiche, oltre che logiche, collocare la nuova normativa in una delle sedes materiae più consone, quali il codice civile, nella parte dedicata ai contratti bancari o al mutuo (libro IV, titolo III, capi XVII o XV) ovvero il Testo unico bancario, nell’ambito della disciplina del contratto di credito fondiario, entro il cui genus si colloca il prestito vitalizio (titolo II, capo VI, sezione I).
Per la completa entrata in vigore della nuova normativa bisognerà attendere il 6 agosto 2015, data entro la quale il Ministero dello sviluppo economico dovrà regolamentare con decreto l’offerta dei prestiti vitalizi, individuare i casi e le formalità che comportino una riduzione significativa del valore di mercato dell’immobile ipotecato a garanzia, tale da giustificare la richiesta del rimborso integrale del finanziamento (art. 11-quaterdecies, co. 12-quinquies). Il decreto dovrà garantire la trasparenza e la certezza della somma finanziata, dei termini di pagamento, degli interessi e di ogni altra spesa dovuta dal cliente.
Quanto ai contratti di prestito vitalizio stipulati sino al 6 maggio 2015 restano regolati dalla precedente normativa.
Perplessità suscita l’affidamento al Ministro dello sviluppo economico della regolamentazione del contratto, anche per il profilo della trasparenza, sembrando più coerente con l’ordinamento del credito affidarla al CICR ed alla Banca d’Italia, ai sensi degli artt. 116 , 117, co. 8, nonché delle altre disposizioni sulla trasparenza dei contratti bancari contenute nel titolo VI, capo I del TUB (d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385).
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Il contratto
Il contratto di prestito vitalizio ipotecario è un finanziamento garantito da una proprietà immobiliare residenziale (art. 11-quaterdecies, co. 12).
Sotto il profilo temporale, analogamente a quanto previsto per il credito fondiario (art. 38 TUB), rientrano nell’ambito dei prestiti vitalizi solo i finanziamenti a medio e lungo termine: in assenza di una specificazione normativa, la durata del finanziamento è indeterminata, ma determinabile ex post, coincidendo con la vita del soggetto finanziato, la cui morte rende esigibile l’obbligazione di rimborsare il finanziamento (ndr. non ha senso per questo tipo di contratto far riferimento alla tradizionale interpretazione che individua la durata minima del medio termine dei finanziamenti bancari in almeno diciotto mesi).
Le operazioni bancarie che rientrano nella normativa in esame sono delimitate dal termine «prestito» utilizzato dal legislatore, che, tra le varie operazioni attive delle banche, richiama la fattispecie del mutuo, senza escludere a priori l’ammissibilità dell’offerta del prodotto attraverso altri strumenti negoziali (ad esempio, apertura di credito o rendita vitalizia): si dovrà, comunque, attendere l’intervento regolamentare del Ministero dello sviluppo economico per verificare come potranno essere offerti al pubblico i prestiti vitalizi.
I prestiti possono essere concessi solo dalle banche e dagli intermediari finanziari (art. 106 TUB): l’inserimento degli intermediari tra i soggetti autorizzati ad offrire questo tipo di prestito segna una differenza rispetto al credito fondiario, tuttora riservato alle sole banche dall’art. 38 TUB.
Il prestito è destinato agli anziani e cioè alle persone con età superiore a sessant’anni compiuti, proprietari di un immobile residenziale, privo di iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli (nella precedente disciplina, l’età minima era di sessantacinque anni).
Ratio del finanziamento è di consentire al proprietario di età avanzata di convertire parte del valore dell’immobile in contanti, per soddisfare esigenze di consumo proprie o della famiglia, senza dover vendere l’immobile ed essere obbligato a lasciarlo ovvero a restituire il prestito prima della scadenza del contratto.
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Figure affini
Nella ricerca da parte della persona anziana di liquidità per ragioni personali e di famiglia, il prestito vitalizio ipotecario si pone come alternativa alla vendita della nuda proprietà con riserva di usufrutto, offrendo all’anziano l’indubbio vantaggio di non perdere la proprietà, senza precludere agli eredi la possibilità di mantenere la proprietà dell’immobile, lasciando loro la scelta di rimborsare il credito alla banca, estinguendo l’ipoteca iscritta, nonché beneficiando dell’eventuale rivalutazione della casa.
Con il prestito vitalizio il finanziato “preleva” una parte del capitale rappresentato dal valore del suo immobile, trasformandolo in liquidità.
Si tratta di un prodotto bancario che ha le sue origini nei c.d. «equity release» diffusi nel mondo anglosassone, ove l’istituto della nuda proprietà non esiste: sono strumenti finanziari con i quali il proprietario di un immobile liquida ed incassa una parte dell’investimento effettuato. Particolarmente vicino al prestito vitalizio è il c.d. home equity loan o “mutuo inverso”, nel quale il prestito, come nel contratto italiano, è garantito dal valore della casa.
In Francia, paese che ha una tradizione giuridica simile alla nostra, è diffuso il contratto di viager, simile alla vendita della nuda proprietà, ove il finanziamento consiste nell’erogazione di una redita vitalizia.
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Gli interessi e la forma tecnica del finanziamento
L’art. 11-quaterdecies, ai commi 12 e 12-bis lascia libere le parti di scegliere, al momento della stipulazione del contratto, tra il rimborso graduale degli interessi e delle spese, senza capitalizzazione ovvero la loro capitalizzazione annuale.
Nel caso di scelta della capitalizzazione annuale, si è in presenza di una deroga da parte della nuova disciplina, quale lex specialis, a quanto previsto dagli art. 120, co. 2 TUB, che (indipendentemente dall’intervento del CICR), secondo la dottrina e la più recente giurisprudenza non consente dal 1° gennaio 2014 la capitalizzazione degli interessi. Da segnalare anche una indubbia novità in argomento e cioè la capitalizzazione consentita sia degli interessi che delle spese.
Quanto al diritto comune, la capitalizzazione costituisce una deroga implicita all’art. 1283 c.c., che vieta l’anatocismo, salvo ammettere la produzione di interessi sugli interessi dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi.
Indipendentemente dalla scelta, rimane fermo il termine di adempimento per il rimborso del capitale, dell’eventuale quota degli interessi e delle spese, coincidente – di regola – con la morte del soggetto finanziato o con il verificarsi di uno degli eventi previsti dal comma 12 (v. infra par. 5).
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La garanzia ipotecaria
I finanziamenti sono garantiti da ipoteca di primo grado iscritta su di un immobile residenziale. Considerata questa condizione, la forma del contratto di finanziamento dovrà essere quella dell’atto pubblico o della scrittura autenticata.
Il finanziato può non essere l’integrale proprietario del bene, ma, in questa ipotesi non vietata dalla norma, il terzo comproprietario dovrà intervenire nel contratto come datore d’ipoteca pro quota, per consentire l’iscrizione del vincolo sull’intera proprietà (art. 11-quaterdiecies, co. 12-quater).
L’ipoteca può essere iscritta solo su di un immobile di proprietà del finanziato: è proibita la contemporanea iscrizione su più immobili di sua proprietà. L’utilizzo dell’aggettivo «contemporanea» fa ritenere che, in caso di riduzione del valore dell’immobile gravato dall’ipoteca, determinato dall’andamento del mercato immobiliare, sia permesso alle parti di iscrivere ipoteca su di un altro bene, ricostituendo la garanzia sino alla concorrenza della somma da rimborsare alla scadenza.
All’ipoteca del prestito vitalizio si applicano parte delle regole dell’ipoteca fondiaria, di cui all’art. 39 TUB: il comma 1, che consente alla banca ed all’intermediario di eleggere domicilio presso la propria sede ai fini dell’iscrizione ipotecaria; il comma 2, che disciplina l’annotazione dell’iscrizione del vincolo in caso di stipulazione con atti separati del contratto di prestito e dell’erogazione del finanziamento; il comma 3, che nei finanziamenti con clausole d’indicizzazione, stabilisce l’adeguamento automatico dell’ipoteca a quanto effettivamente dovuto per effetto dell’applicazione della clausola; il comma 4, che esenta da revocatoria fallimentare i pagamenti effettuati dal debitore e le ipoteche iscritte dieci giorni prima del fallimento; il comma 7, che stabilisce, riducendoli, i compensi, i diritti ed i rimborsi dovuti al notaio, quanto alle formalità ipotecarie e di annotazione.
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La durata del finanziamento ed il rimborso anticipato
Le parti decidono la durata del prestito vitalizio (comma 12).
La morte del soggetto finanziato, prima della scadenza, attribuisce alla banca o all’intermediario finanziario il diritto di chiedere il rimborso del finanziamento in un’unica soluzione.
In questo caso, l’apertura della successione del soggetto finanziato costituisce il termine di adempimento dell’obbligo di rimborso del finanziamento (artt. 1184-1185 c.c.). Ne segue che, per tutta la durata del prestito e fino alla morte del finanziato, fatte salve le ipotesi di rimborso anticipato, nulla è dovuto al finanziatore.
Il diritto al rimborso anticipato ricorre nei casi di trasferimento della proprietà o di altri diritti reali o di godimento dell’immobile ipotecato oppure quando vengano compiuti atti, che riducano significativamente il valore del bene, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia a favore di terzi (art. 11-quaterdecies, comma 12). Entrambe le fattispecie si inquadrano nell’istituto della decadenza dal beneficio del termine e richiamano le condizioni che permettono al creditore di esigere immediatamente dal debitore insolvente la prestazione ai sensi dell’art. 1186 c.c.
Il rimborso è immediatamente esigibile da parte della banca e dell’intermediario finanziario nei confronti del finanziato o, dopo la sua morte, degli eredi o legatari, dopo il verificarsi degli eventi suindicati.
La norma nulla dice su come gli atti pregiudizievoli dei diritti del finanziatore, stante l’ipoteca di primo grado iscritta a suo favore, possano pregiudicare il suo diritto e la capacità di vendere l’immobile, in caso di inadempimento all’obbligo di rimborso: in punto, l’art. 2812 c.c. pare rappresentare una tutela sufficiente.
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Risoluzione del contratto di prestito vitalizio
L’inadempimento del finanziato con la risoluzione del contratto è regolato dall’art. 40, co. 2 TUB, richiamato dal comma 12 dell’articolo 11.
La previsione normativa, che costituisce una clausola risolutiva espressa ex lege, si applica al prestito ove si è concordato il rimborso graduale della quota interessi e delle spese: banca ed intermediario finanziario possono invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento verificatosi almeno sette volte, anche non consecutive.
Considerato che per ritardato pagamento s’intende quello effettuato tra il trentesimo ed il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata, è tollerato il pagamento della rata entro i trenta giorni successivi alla scadenza, fatto salvo il pagamento degli interessi di mora.
E’ implicito che il mancato pagamento o il pagamento avvenuto oltre i centoottanta giorni, anche di una sola rata, legittimi la banca a chiedere la risoluzione per inadempimento.
Compatibile con la risoluzione per inadempimento è l’istituto della decadenza dal beneficio del termine. Mentre la risoluzione deve essere preceduta dall’inadempimento codificato dall’art. 40 cit., la decadenza opera se il debitore è divenuto insolvente, non ha dato le garanzie che aveva promesso o, come previsto in ipotesi di rimborso anticipato, ha diminuito per fatto proprio le garanzie che aveva dato.
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Il recupero del prestito in caso di mancato rimborso
Secondo il comma 12-quater, qualora il finanziamento non sia stato integralmente rimborsato entro dodici mesi al verificarsi degli eventi di cui al comma 12 (ndr. morte del finanziato, trasferimento della proprietà o dei diritti reali dell/sull’immobile ipotecato, riduzione significativa del suo valore ), il soggetto finanziato o il/i suo/i erede/i può/possono scegliere di: a) pagare il debito alla banca o all’intermediario e liberare l’immobile dall’ipoteca; b) vendere l’immobile ipotecato; c) lasciare che la banca o l’intermediario vendano l’immobile per rimborsare il debito.
In difetto del pagamento del debito, nelle ipotesi sub b) e c) non è necessario procedere all’espropriazione immobiliare dell’immobile ipotecato: il finanziatore o l’erede possono vendere a trattativa privata il bene, nell’ambito di una nuova forma di autotutela esecutiva al di fuori del controllo giurisdizionale, che richiama l’esempio della vendita in danno dell’acquirente, da parte del venditore, in caso di mancato pagamento del prezzo di compravendita (artt. 1515 e 1516 c.c.).
Il controllo giurisdizionale è eventuale e successivo: il debitore, i suoi aventi causa e gli eventuali interessati, in assenza del giudice dell’esecuzione e non essendo ammissibili le c.d. opposizioni esecutive, potranno agire con i mezzi dell’azione di cognizione ordinaria.
Nelle ipotesi sub b) e c) la vendita dell’immobile avviene al valore di mercato determinato da un perito indipendente incaricato dal finanziatore.
Di fatto, il perito, benchè alla sua nomina sia estraneo il finanziato, assume la veste dell’arbitratore, con la conseguenza che la sua eventuale determinazione iniqua o erronea potrà essere impugnata in via giudiziaria ai sensi dell’art. 1349, co. 1, c.c.
Nell’ipotesi sub b), l’erede può vendere l’immobile, in accordo con il finanziatore, purchè perfezioni la compravendita entro dodici mesi.
Il comma 12-quater prevede che il potere di vendere l’immobile sia «conferito» dal finanziatore all’erede: il termine utilizzato dal legislatore fa pensare ad un preliminare accordo tra le parti, che stabilisca: i) l’obbligo di vendere entro dodici mesi al prezzo di perizia; ii) le modalità ed i termini della vendita; iii) l’assenso del finanziatore alla cancellazione dell’ipoteca iscritta a suo favore nel caso gli eredi reperiscano un acquirente.
Nell’ipotesi sub c), il finanziatore, in deroga alle norme del codice di procedura civile in materia di espropriazione forzata immobiliare, regolata dagli articoli 555 e seguenti c.p.c., può vendere direttamente l’immobile ipotecato. In caso di mancato perfezionamento della vendita nei dodici mesi, il valore di perizia viene decurtato del 15% per ogni anno, sino alla vendita dell’immobile.
Il legislatore non ha previsto che il finanziatore non possa acquistare il bene: probabilmente, ha ritenuto che la determinazione da parte del perito indipendente del prezzo, escludesse la possibilità di un conflitto d’interessi.
Il ricavato della vendita viene utilizzato dal finanziatore per estinguere il credito vantato in dipendenza del prestito. Eventuali somme rimanenti sono riconosciute e restituite al soggetto finanziato o ai suoi aventi causa. In nessun caso il debito residuo può superare il ricavato della vendita dell’immobile al netto delle spese sostenute: la disposizione è volta ad evitare che gli eredi debbano rimborsare un importo superiore a quello ricavabile dalla vendita.
La previsione della vendita in danno da parte della banca creditrice, con il meccanismo di adeguamento in diminuzione del prezzo di vendita dell’immobile, la stima del prezzo del perito indipendente, la limitazione del debito al ricavato della vendita, costituisce un insieme di clausole riconducibili al c.d. patto marciano, che permettono di non violare il divieto del patto commissorio di cui all’art. 2744 c.c. (ndr. il patto marciano è quella clausola pattizia che prevede la stima del valore del bene dato in garanzia al fine di consentirne la vendita al creditore, tipica, ad esempio, nel contratto di lease back, prevista nel pegno irregolare e nel riporto).
Non hanno effetto nei confronti del terzo acquirente l’immobile le domande giudiziali trascritte, aventi per oggetto la contestazione dell’acquisto mortis causa e la riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima (art. 2652, co. 1, nn. 7), 8), c.c.).
La legge non impedisce alla banca o all’intermediario, in luogo della vendita diretta, di procedere al recupero del credito con l’espropriazione forzata immobiliare secondo le regole del codice di procedura civile: l’ipotesi pare, tuttavia, più teorica che reale, considerato che i costi ed i tempi della vendita forzata rendono decisamente più conveniente quella libera consentita dalla legge. In difetto del richiamo, nella procedura esecutiva non si applicano, comunque, al prestito vitalizio i privilegi processuali riconosciuti al creditore fondiario dall’art. 41 TUB.
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Il mandato a vendere
La legge non interviene sulle modalità con le quali la banca vende l’immobile ipotecato a suo favore.
Nel silenzio, l’ipotesi preferibile è che la banca o l’intermediario vendano il bene in nome e per conto del debitore sulla base di un mandato gratuito a vendere in rem propriam, ai sensi dell’art. 1723, co. 2, c.c. (ndr. la gestione concreta del mandato a vendere con rappresentanza sarebbe difficoltosa: per consentire la vendita il finanziato dovrebbe trasferire la proprietà del bene al finanziatore sotto la condizione sospensiva con effetto ex nunc, dell’esecuzione dell’incarico, con gli elevati costi fiscali dovuti al doppio passaggio della proprietà dell’immobile).
Il mandato a vendere e la procura possono essere conferiti con un unico atto, anche all’interno del contratto di prestito vitalizio o con atti separati; la vendita potrà essere disposta decorsi i termini previsti dal comma 12 (dodici mesi, ma anche prima, se c’è l’accordo delle parti), nel caso di scadenza del contratto, di morte del finanziato, di decadenza dal termine di adempimento (ndr. rimborso anticipato) o di risoluzione per inadempimento.
La morte del finanziato non fa venir meno il mandato: come previsto dall’art. 1723, co. 2 c.c., «il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi (…) non si estingue per la morte (…) del mandante».
Se la vendita si perfezionasse dopo la morte del finanziato, per garantire la continuità delle trascrizioni ai sensi dell’art. 2650 c.c., essa si trascriverà contro il de cuius ed a favore del terzo acquirente, diversamente, in caso di eredità accettata, contro gli eredi.
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Il regime fiscale
Il comma 12-ter dispone l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste per le operazioni di credito a medio o lungo termine, disciplinate dagli articoli 15 e seguenti del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, per le quali non rileva la data di rimborso del prestito vitalizio ipotecario. Il beneficio comporta l’esenzione dalle imposte di bollo, di registro e ipotecaria mediante il versamento di un’imposta sostitutiva sulla somma capitale finanziata, con aliquota dello 0,25%, se l’immobile ipotecato è la “prima casa”, del 2% negli altri casi.