Il regime dei pagamenti nel concordato preventivo
di Antonio Donvito
La disciplina dei pagamenti effettuati da un’impresa in concordato preventivo, prima ed al di fuori dei pagamenti derivanti dall’attuazione del piano del concordato, è particolare rispetto a quella fallimentare, che ruota, essenzialmente, attorno alla disciplina dei contratti pendenti, pur avendo dei tratti indubbiamente comuni.
Nel delinearne, per cenni, le regole principali, vengono affrontate le seguenti questioni, tra loro collegate:
- gli atti di amministrazione durante la procedura di concordato preventivo;
- gli atti nella fase interinale;
- i pagamenti nel concordato con continuità;
- i pagamenti non disciplinati dalla legge;
- la prededucibilità nel concordato preventivo.
- Gli atti di amministrazione durante la procedura di concordato preventivo
Durante la procedura di concordato preventivo e cioè dal momento del decreto di ammissione (ndr. rispetto al debitore, dal momento in cui il decreto è pubblicato) e sino al decreto di omologazione, il debitore conserva la gestione dell’impresa, ma opera sotto la vigilanza del commissario giudiziale, il cui controllo è consentito – in concreto – dal deposito periodico di relazioni al commissario, che riferiscano dell’andamento dell’attività, nonché del compimento degli atti di amministrazione.
Quando l’impresa è una società, questo significa che rimangono in carica gli organi sociali, che possono esercitare le consuete attribuzioni, salve le limitazioni previste dall’art. 167 l. fall.
L’imprenditore mantiene, dunque, la titolarità dell’impresa, ma non ne ha più il dominio assoluto – si parla in dottrina di “spossessamento attenuato” – in quanto vi sono alcune tipologie di atti che possono essere compiuti solo con l’autorizzazione del giudice delegato ed altri, il cui compimento richiede il rispetto di particolari cautele.
In questo contesto, la legge fallimentare non disciplina il regime dei contratti pendenti nel concordato, né stabilisce una regola per il pagamento dei debiti concorsuali o pregressi. Ciò è coerente col diverso spossessamento che subisce l’impresa in concordato, minore rispetto a quello, assoluto, che colpisce quella fallita (art. 42 l. fall.).
Da qui la regola che inibisce al fallito il pagamento dei debiti concorsuali (art. 44 l. fall.), conseguenza della privazione dell’amministrazione del patrimonio dell’impresa, regola che manca nel concordato preventivo, dove vige quella opposta.
Si tratta allora di verificare quali siano i limiti della gestione dell’impresa in concordato.
Sul punto soccorre l’art. 167, co. 2, l. fall., secondo cui sono inefficaci, senza l’autorizzazione del giudice delegato, una serie di atti predeterminati (ndr. indicati dalla norma) e, comunque, tutti gli atti che eccedano l’ordinaria amministrazione, inefficacia relativa perché può essere denunciata solo dai creditori.
Considerato che l’elenco degli atti indicati dalla norma non è esaustivo, non sono autorizzabili quegli atti che, in qualche modo, sacrifichino le ragioni dei creditori, mentre lo sono quelli conformi e coerenti con la domanda di concordato ed il piano, siano di ordinaria, che di straordinaria amministrazione.
La domanda di concordato del debitore ed il piano di adempimento della proposta costituiscono pertanto la bussola per stabilire se e quando i pagamenti dei debiti pregressi siano o non siano consentiti (art. 161, co. 2, lett. e), l. fall.).
La conformità al piano e la coerenza con la domanda di concordato sono dunque le condizioni della legittimità dell’atto gestorio, alle quali si affianca il controllo del giudice delegato, sino a quando non intervenga l’approvazione dei creditori.
Individuati i criteri che il giudice deve seguire per rilasciare o meno l’autorizzazione, a parte gli atti elencati nell’art. 167 l. fall. (il cui elenco, come precisato, è ritenuto meramente esemplificativo), si può affermare che l’autorizzazione sia necessaria quando non sia di immediata percezione la corrispondenza dell’atto all’interesse dei creditori.
Da precisare che il tribunale può stabilire un limite di valore, al di sotto del quale non sia dovuta l’autorizzazione.
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Gli atti nella fase interinale
La disciplina degli atti compiuti dopo la presentazione della domanda concordataria e prima che il tribunale proceda col decreto di ammissione è regolata dall’art. 167, co. 7, l. fall., che disciplina gli effetti che conseguono alla domanda con riserva, ponendo regole che valgono anche quando la domanda di concordato sia già accompagnata dal piano, dalla proposta, dalla documentazione. Detta disciplina riproduce lo schema previsto per la fase successiva al decreto di ammissione con la già precisata distinzione tra atti di ordinaria (non soggetti ad autorizzazione) ed atti di straordinaria amministrazione (soggetti ad autorizzazione). L’unica differenza attiene al fatto che nella fase di preconcordato l’atto di straordinaria amministrazione può essere autorizzato solo se urgente.
La distinzione tra atti di ordinaria e di straordinaria amministrazione è particolarmente importante in quanto l’atto di gestione, se compiuto legalmente dopo il deposito della domanda di concordato, non è soggetto a revocatoria ex art. 67, co. 3, lett. e), l. fall. e, se dal suo compimento sorge un credito, detto credito gode del trattamento prededucibile.
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I pagamenti nel concordato con continuità
La disciplina dei pagamenti è particolarmente dettagliata nei concordati con continuità aziendale.
Per questo tipo di concordati, nei quali il piano prevede la continuità dell’azienda, il debitore può chiedere di essere autorizzato, sia nella fase interinale che durante la procedura, a procedere al pagamento dei creditori concorsuali, anche anteriori, quando ciò sia conforme all’interesse di tutti gli altri creditori e risulti da un’attestazione di un professionista indipendente nominato dal debitore, in possesso dei requisiti richiesti dall’art. 67, co. 3, lett. d), l. fall. (artt. 186-bis, co. 2, lett. b) e 182-quinquies, co. 4, l.fall.). In queste ipotesi il pagamento dei creditori anteriori è funzionale alla continuità dell’impresa.
Non tutti i fornitori possono beneficiare dei pagamenti anticipati, ma solo quelli qualificati strategici dall’attestazione del professionista, di cui sopra, in quanto la loro prestazione si presenta come essenziale, laddove essenziale significa la convenienza del pagamento del credito rispetto alle alternative del mancato pagamento o della ricerca di un diverso fornitore.
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I pagamenti non disciplinati dalla legge
La disciplina specifica dei pagamenti nei concordati con continuità aziendale (v. il precedente paragrafo) non significa che nei concordati diversi siano proibiti i pagamenti.
In generale, i pagamenti dei debiti pregressi sono ammessi in ogni tipo di concordato se corrispondono al piano e, ancor di più, se il piano li preveda: se il pagamento anticipato consente l’adempimento della proposta concordataria, dimodoché tutti i creditori ne beneficeranno, anche se non da subito, non c’è, infatti, motivo per vietarlo.
Naturalmente, non è consentito al debitore di decidere discrezionalmente chi, cosa e quando pagare: i pagamenti sono, quindi, soggetti all’autorizzazione del Tribunale ed alla vigilanza del commissario giudiziale e sono provvisori, da conguagliare cioè al momento dell’esecuzione del concordato.
La loro autorizzazione è da considerare come una pronuncia anticipata sulla non ricorrenza di una frode in danno dei creditori concordatari.
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La prededucibilità nel concordato preventivo
Nonostante l’art. 169, l. fall. non richiami l’art. 111, l. fall. che disciplina i crediti prededucibili nel fallimento, ciò non significa che questa categoria non esista nel concordato preventivo.
Per configurare la prededucibilità nel concordato, in assenza di previsione legislativa, bisogna ricorrere ai principi fallimentari per verificare, caso per caso, se il credito meriti questa attribuzione in quanto sorto in occasione o in funzione del concordato preventivo.
Si tratta dei due requisiti (dell’occasionalità e delle funzionalità) stabiliti dall’art. 111, co. 2, cit., secondo cui «sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali crediti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del comma n. 1 (dell’art. 111)».
Il requisito dell’occasionalità è sostanzialmente temporale. Le obbligazioni che sorgono durante la procedura godono del trattamento preferenziale per incentivare i terzi ad intrattenere rapporti economici con l’impresa in crisi, rapporti che si interromperebbero, se il pagamento dei crediti avvenisse in moneta concordataria.
A parte il requisito temporale, il diritto al trattamento preferenziale compete quando la nuova obbligazione sia funzionale ovverosia quando il credito meriti tutela perché l’obbligazione è vantaggiosa per la procedura e, indirettamente, per tutti i creditori.
Occorre che vi sia un rapporto di inerenza necessaria, che si trova quando il risultato per il cui raggiungimento è sorta l’obbligazione, che il debitore adempie, non sia altrimenti raggiungibile ovvero lo possa essere, ma con minore efficienza e minori benefici collettivi.
Sulla base di questi criteri possono nascere crediti prededucibili, anche da obbligazioni contratte prima dell’apertura della procedura concordataria e dunque anche senza un diretto controllo da parte del giudice delegato, purchè le prestazioni si pongano in rapporto di adeguatezza funzionale con la necessità dell’impresa di assicurare il miglior soddisfacimento dei creditori.
Nel concordato godono del trattamento preferenziale i crediti che attengono alla prosecuzione dei contratti pendenti nel periodo successivo all’ammissione, ma anche quelli maturati prima, se inerenti a contratti di durata, nonché alla instaurazione di nuovi rapporti.
L’importante è che, come sempre, la gestione dei contratti pendenti e la conclusione di nuovi sia conforme e coerente col piano e la domanda di concordato.
Antonio Donvito
Bibliografia essenziale:
FABIANI, Diritto fallimentare. Un profilo organico, Bologna, 2011, pag. 648 e segg.;
FERRO – P. BASTIA – G.M. NONNO, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, Milano, 2013, pag. 203 e segg.
FABIANI, Fallimento e concordato preventivo, Bologna, 2014, vol. II, pag. 393 e segg.